MIRKO TREVISANELLO dei “PACIARA”

Lo incontrai una sera da Secondo Scandiuzzi, nell’osteria in piazzetta dei “cunici” luogo deputato di un cartizze profumato, e gli chiesi la spiegazione di una voce perché stavo raccogliendo parole gergali. A “Madona Granda” si diceva “cangari” la chiesa e “cangarioto” il prete, e per me, capo aspirante, mi sembrava una bestemmia o perlomeno una parola volgare.

Mi guardò, eravamo appena fuori della portiera aperta dell’osteria, e mi disse “ascolta Giorgio, cangari in gergo significa la chiesa e deriva da Khan=re/principe/eccellenza, e garit è la tenda, quindi la chiesa è la tenda del Signore”. Celebrammo con molti bicchieri di cartizze sotto l’occhio vigile di Secondo, che stava preparando il pane del tramezzino col fondo di quel vino mai buttato via.

Con Mirko avevo un’amicizia aperta e di reciproca stima, perché era un trevigiano vero. Conosco la sua famiglia per il soprannome di “Paciara” (che ancora oggi non ne so il significato), e nel mio primo libro “fotografico” di “Treviso l’ultima” sono inserite le foto di Chechi “Paciara el putanier”, di Aldo “Paciara” al banco di pesce nell’isolotto della pescheria, di Maria “Paciara” moglie di Garatti fruttivendolo, e di Mirko col braccio alzato al cielo sotto la loggia dei Trecento.

Mirko è nato in vicolo Spineda, e ce lo ha raccontato nell’eccellente amarcord nel libro “Artigiani Ancora” perché c’era il “caegher” Anzoletto sul vicolo, e dopo anche Alcide Gregori assieme a Beppo Zago in fondo della vecchia casa (non ancora denominata “dei Brittoni” dopo il restauro) a riciclare scassate serrande riparate.

E quando vissi un breve tempo di pazzia colla Cooperativa “Treviso l’Altra” mi scrisse “Il Redentor di Chechi” con dedica di pugno “Per Giorgio Ciccio” Fantin, trevisan, amico, credente” che è l’allegro racconto nella notte del ferragosto in pescheria, dove hanno trovato modo di andare a bagno le “signorine” coi tacchi di cae de oro chiamate dallo zio Chechi. Questo articolo è stato da me pubblicato su “La Pulce” del 22 luglio 1988.

Mirko mi accennò dell’idioma zingaresco, appreso in Jugoslavia avendo vissuto con una banda di guerriglieri, era stato ferito e costretto prigioniero in ospedale. Ritornato a casa ha aiutato per poco tempo la famiglia nella “Bottega del pesce” in piazza san Vito. Ma la sua passione letteraria incontrò l’entusiasmo di Comisso alla prima raccolta di sue poesie, iniziando una carriera di giornalista con la sua prosa di getto, piacevole, miscredente, senza regole.

Partecipò alla vita della sua città, ha scritto della casa affrescata sul Cagnan che ho restaurato per conto di mio cognato Silvano De Wrachien, ha scritto per la festa del Beato Enrico della “mia” Còngrega, e pure della casa dove abito in Piazza Rinaldi con il largo sottoportico affrescato sul Cagnan. Ha scritto del mio (suo) “Gergo trevisan”, ma ha anche scritto un libro da leggere “Cae de oro” che è la sregolatezza del nostro scrivere, oltre a “…E mi ha introdusse nella casa del vino” (1979) con divertenti ritratti degli osti, e “Ricordi per il futuro” (1995). Non devo qui dimenticare l’amico Bepi Stocco “puro nicoeoto” che dalla calle Dell’Oro ne è stato il cultore.

Un autentico trevisan Mirko, del “mi no’ vao a còmbatar”, ma scrupoloso e impareggiabile nel diario d’amore sulla sua città, dove cercò anche “spudoratamente” quel sognare di inventarsi oste là nella strada dell’Inferno come era chiamata la via Inferiore, all’angolo della torre “Martini” di via Cornarotta. Ma l“mie”osterie erano invece “All’Oca bianca”, la “Colonna” di Nino Ziliotto “el sporco” perché scheggiava le ciotoline per il suo vino clinton con le fragoline che andava a prendere in bicicletta a Mogliano in via Ronzinella, da “Muscoli’s” e dall”Orlandina” in pescheria, da “Toni Spin” per il baccalà o alle Quattro Corone da Gastaldello, dalla “Elsa” a san Gregorio, al “Pallone” in vicolo Rialto. La vita dell’oste fu breve per Mirko, che rientrò così nei ranghi del giornalismo e delle televisioni venete, direttore del “Diario” e del “Cagnan”.

Ho trovato un suo carteggio del 1976 sui casini, e la corrispondenza di Mirko con Franco Batacchi junior che gli risponde di aver già versato centomila lire per conto di “Treviso l’altra” di cui era purtroppo presidente, nel bene (poco) e nel male. Andavo spesso a trovare Mirko “Paciara”, perché la sede del giornale “Diario” era in pescheria sopra il grande portico, vicino alla ruota del mulino che avevo fatto rifare con le altre due ruote al ponte della Campana. E così, fra le carte, trovo tre articoli di prima mano (forse unici) su il “Diritto d’asilo in Cae de oro”, un secondo “Riaprire o no le case chiuse?”, ed il terzo “Il miracolo e la vocazione mancata”.

Penso, però, che l’articolo più interessante, scritto sul “Diario” del 2/6/1979, sia “Le belle dal berretto rosso”, c’erano una volta tanti “lupanari” forse troppi per una piccola città bene. C’era spazio e tanti arrivi da Padova, Vicenza, Venezia e paesi vicini. Nel quartiere di san Nicolò c’erano i bordelli della Bianca in via delle Oche, della Ada, Leda, Agnese, Menta, Piccolo Eden, e le Dozzo in via Marzolo più costoso. Mi ha fatto piacere quando Mirko ha elogiato il mio “Gergo trevisan” con il suo articolo “Muci zaba” è la “mala” che parla, ma non solo, perché anche noi trevigiani del dopoguerra “ciocavamo” il gergo, parlato anche tra i “vaschi” cioè i ricchi.

Nell’ottobre del 2020 ho ricevuto una telefonata da Gennaro Guida, ex internato in Germania assieme a Mirko Trevisanello, perché aveva ritrovato, e poi mi ha inviato, uno scritto di Mirko datato Nembrandenburg 17.02.1945 con una poesia a lui dedicata “O Giovinezza” (che allego). Avevo cercato il figlio Marco, ma ho perso qualsiasi traccia della sua famiglia. Si trasferì a Bibione (risposato?), dove andai a trovarlo essendo ogni anno là con la mia famiglia. Ed ho saputo della sua scomparsa con un nodo alla gola.

Mi ritrovo con ottanta “Ricordi trevigiani” scritti per il Gazzettino di Treviso e un’altra ventina di articoli scritti su vari giornali, da poter fascicolare in un bel libro, se ci fosse una concessione liberatoria d’uso.

Si potrebbe completare qualcos’altro del nostro Mirko Trevisanello dei “Paciara” con la storia della sua famiglia, e della sua più ampliata ed illustrata.

di Giorgio Fantin

 

Testo della lettera a Guida Gennaro

“A Guida Gennaro, fiduciario italiano dello Stalag II^ A, che, mentre la gioventù di tutte le nazionalità languiva senza colpa fra le barriere infami, s’adoprò di tutte le sue forze, materiali e morali, vero eroe di abnegazione e di altruismo, ad aiutare in tutte le maniere i prigionieri italiani; ad alleviare un po’ le loro sofferenze, per affratellarli infine assieme, nella prospettiva d’un più sereno domani.”

Mirko Trevisanello

Neubrandenburg 17-2-1945

POESIA a Guida Gennaro

GIOVINEZZA

Tutto intorno a te sembra di gelo,

di notte oscura sembra velarsi il sole,

e, nel silenzio lugubre sol odesi

il pianto tuo,

O giovinezza chiusa e calpestata

nel vituperio che tutto travolse

e infranse, pari ad onda turbinosa:

or soffri e gemi,

O giovinezza, che di verdi steli,

adornasti la terra, ora prostrata

sotto il turbine atroce di sterminio

e d’orrore,

O giovinezza, dalla gran rovina,

si volge ancora in te l’ultima speme

e la prece suprema che si innalza

domanda a Dio,

O gioviezza, che la tua corona

di dolori, di sangue, di martiri

indichi al mondo, come accesa pace,

la retta via.