CRAIG GREEN: l’ALL BLACK di casa nostra

E’ nato a Christchurch, in Nuova Zelanda, ma si può ben dire che Treviso sia la città che l’abbia adottato, la città che gli ha dato moglie, risultati importanti e tanti consensi. Craig Green, 60 anni compiuti lo scorso marzo, anche se ne dimostra almeno 10 in meno, è uno dei giocatori di rugby più conosciuti e stimati a livello Mondiale: nell’ambiente rugbistico, italiano e non, è difficile trovare qualcuno che non lo conosca, magari solo per i risultati che ha conseguito con quella mitica maglia dei Tuttineri neozelandesi. Un giocatore che ha messo le radici nella Marca: a parte alcune parentesi in Giappone e in Australia, da quando è arrivato per la prima volta in Italia, ben 34 anni fa, ha vissuto gran parte della sua vita a Treviso. E’ l’All Black numero 842 e con la maglia della Nuova Zelanda ha giocato 21 partite, vincendo il primo Mondiale disputato nell’estate del 1987 e giocato proprio in terra neozelandese. In quell’occasione è stato, con il compagno di nazionale John Kirwan, metaman della rassegna iridata con 6 marcature. Non un giocatore qualunque, quindi, un atleta che ha sempre cercato di fare e dare il massimo, in qualsiasi momento, da giocatore ma anche da tecnico. Nonostante abbia le credenziali del Campione, è un personaggio che non ama stare sotto ai riflettori, una mentalità che lo ha sempre contraddistinto rispetto a tanti altri stranieri venuti in Italia per aiutare le squadre del nostro Paese a crescere.
A Treviso è arrivato subito dopo aver vinto il Mondiale neozelandese e a Treviso si è subito ambientato: ha disputato 4 stagioni nel Benetton, dal 1987 al 1991, vestendo per 109 volte la maglia biancoverde, segnando 67 mete e conquistando lo scudetto del 1989. Poi si è trasferito a Casale sul Sile, ha prima giocato e poi ha giocato e allenato contemporaneamente: altre 41 partite e altre 21 mete realizzate, prima di dire basta con il rugby giocato e intraprendere definitivamente la carriera di allenatore.
Ma prima ha indossato l’abito del matrimonio, sposando alla fine del 1994 Antonella Casarin, moglianese, ex pallavolista di Albatros e Nervesa.
Con Antonella, Green è tornato per un po’ di tempo in Nuova Zelanda, poi è cominciata una vita in giro per il mondo.
Quattro anni in Nuova Zelanda e Australia, quindi il ritorno in Italia dove sono nate le due figlie, Anna, ora atleta del Volley Castelfranco e Giulia, attuale componente della squadra di ginnastica artistica di Treviso.

Nuova partenza, stavolta per il Giappone dove Craig ha allenato per due stagioni, infine, il definitivo, almeno per adesso, ritorno in Italia. Nel nostro Paese ha allenato Calvisano, Udine, Tarvisium, San Donà, Fiamme Oro, la nazionale italiana Under 20 e pure il Benetton della cui squadra è stato il capo allenatore per 5 stagioni, vincendo 4 scudetti, una Coppa Italia e una Super Coppa Italiana.

E adesso?
“Sto dando una mano al Montebelluna Rugby, vado in campo due volte alla settimana con le squadre del settore giovanile – dice Green – a me non interessa la categoria o il compito che mi danno, mi diverto ad andare in campo e allenare”.

Sei stato contattato anche da Sergio Zorzi, tuo ex compagno di squadra, ora titolare della scuola di rugby “Akademie”.
“Sì, Sergio mi ha contattato e mi ha chiesto di dargli una mano a seguire certi aspetti della sua scuola di rugby. Ancora non ho iniziato, ma dovrei farlo a breve”.

Craig, come vedi il rugby italiano di adesso rispetto a quello dei tempi in cui giocavi tu?
“In Italia ci sono solamente due squadre di livello professionistico, il Benetton e le Zebre, credo sia troppo poco per sperare che il rugby italiano possa fare dei notevoli passi in avanti: le altre realtà italiane non hanno fatto questo passo, o lo hanno fatto solo parzialmente”.

Non credi sia un problema anche di organici?
“Ai miei tempi arrivavano in Italia degli stranieri di qualità, arrivavano tanti dei migliori giocatori in circolazione, australiani, neozelandesi, sudafricani; adesso nel campionato italiano non è più così e gli stranieri che arrivano non alzano di certo il livello. Quando io giocavo, oltretutto, le squadre italiane erano quelle che si allenavano di più, anche questo era un aspetto che influiva”.

Cosa ti piace dell’Italia?
“Direi un po’ tutto. Nella mia vita ho girato parecchio il mondo ma l’Italia mi piace in maniera particolare, mi piacciono soprattutto i piccoli Paesi delle varie regioni perché in quei posti si possono scoprire tantissime cose”.

Ad esempio?
“Mi piace molto seguire la storia di alcuni Paesi: ultimamente, a causa della pandemia, sto girando soprattutto i Paesi del Veneto e sono rimasto affascinato da certi ambienti, da certi edifici, da certe case, costruite 400-500 anni fa. In Nuova Zelanda o in Australia non è così, si trovano case al massimo di 90-100 anni”.

Il tuo futuro dove lo immagini?
“Anna e Giulia, le mie due figlie, vorrebbero andare in Australia, a me e Antonella, invece, piacerebbe restare qui. Treviso è la città di mia moglie Antonella e a me Treviso piace parecchio”.

 

di Ennio Grosso