IL MIO RICORDO CON DINO DE POLI

Omaggio al presidente e onorevole che la città sembra aver dimenticato

Mi sovviene la squadra “Miani” della mia nostra “Madona Granda”, con giocatori amici Gigi Bianco, Bepi de’ Longhi, “Ceka” Furlan dalla Fiera, che più volte hanno giocato contro la rivale “Arista” di san Nicolò allenato da Dino De Poli. E’ stato Mario Tonini, direttore centrale della Cassa di Risparmio della Marca Trevigiana, che mi ha presentato molti anni dopo al Presidente avv. Dino De Poli. Anche Mario era amico nella parrocchia di santa Maria Maggiore coi gruppi di noi aspiranti, al quale devo riconoscenza per avermi finanziato il completo recupero delle ruote dei mulini, due al ponte della Campana ed uno sotto l’ampio portico della pescheria. Con una meravigliosa inaugurazione notturna completata dagli “Ottoni” della banda asolana di Zamperoni.

Ed è sempre stato Mario che mi ha fatto conoscere l’ing. Semenzato dopo lo stacco virtuale fra Banca e Fondazione Cassamarca, ubicata a Ca’ Spineda in piazza san Leonardo, con la fontana circolare fronte l’osteria “Al Piave” della parona “Oci bei” (col ricordo del clinton sottobanco e della “fortaia de vovi coea sègoea”) e la galleria “Città di Treviso” di Salvino Marsura, fronte chiesa di san Leonardo, colla ricorrenza di santa Rita del 22 maggio che festeggiamo fintantochè don Costa non ci allontanò maleducatamente, e con l’Ottica Capello sulla casa d’angolo con via Martiri della Libertà dove sopra al 1° piano abitava il pittore Renato de Giorgis.

Di Dino De Poli sapevo che aveva ideato ed organizzato, nel periodo delle secolari Fiere di San Luca il Festival della Cucina Trevigiana dal 1959 impegnando i ristoratori della Provincia in un percorso settennale dedicato anno per anno ad un periodo concordato.

Per Cassamarca iniziai a collaborare con l’arch. Luciano Gemin per il teatro Eden, poi il restauro del Molinetto della Croda a Refrontolo con soddisfazione della comunità, inaugurato da Dino De Poli, seguì l’ampliamento del piano terra di Casa dei Carraresi coprendo la porzione sul Cagnan con l’impresa Sartorato che ha ritrovato l’uguale pavimento e nuove vetrate. Mi impegnai all’allestimento della prima mostra di Marco Goldin sostenuto da De Poli, della galleria Bailo con la volta arrotondata e illuminata e cogli uffici interni soprastanti. E soprattutto, con l’arch. Paolo Portoghesi, che ha urbanizzato per la Fondazione il vecchio ospedale di san Leonardo, abbiamo ritrovato nell’ex Distretto il pavimento del campanile della chiesa di san Paolo, l’originaria pavimentazione del fabbricato a fianco (con uno scheletro nelle fondamenta di cui ho documentazione), la traccia del lavaggio dove nel dopoguerra c’erano le piscine san Paolo, che ho frequentato negli anni cinquanta.

A Vittorio Veneto restaurò il teatro con una prima suggestiva e pure a Pieve di Soligo, e il teatro comunale a Treviso dove trovammo con l’architetto Portoghesi delle ossa così grandi, pensando ai Longobardi, che finirono in una teca di cristallo. Si adoperò per l’Oasi di Cervara dove “noi” della Fondazione abbiamo ben mangiato e navigato. Mi assegnò il frazionamento dell’area dell’Appiani per la costruzione di edifici in mattoni a vista che a me sembrano carceri, tanto che l’architetto Botta non ha coperto la grande piazza come era la prima grande idea di De Poli. Col Presidente buongustaio parlavo non di lavoro ma di formaggi scomparsi dai menù e del “bastardo “ del Grappa che gli ho consegnato dopo averlo ricevuto da Toni Basso, delle mia cene “soltanto” di baccalà con la punta di formaggio di Zucchello, di “s-ciosi” che Renato preparava con carote e gambe di sedano, di “folpi” di diversa grandezza (quindici ne ho mangiato una volta al tempo delle fiere), dell’oca “rosta” col patè di fegato. Un giorno mi telefona e mi dice “Fantin, lei mi ha detto che l’oca si mangia in due, io e l’oca, ma deve venire da “Celeste” con Sartor e Semenzato. E risposi: Presidente, ordini quattro oche”. Alla “Falconera” arrivò con Flavio il suo autista (che mangiò a parte in altra sala), noi quattro nella stanzetta piano terra col caminetto, dove stavano girando sullo spiedo due oche e due anitre! De Poli mangiò il suo quarto della prima oca e trequarti della porzione di Renato Sartor, noi Piero ed io la nostra porzione. La seconda oca fu appannaggio del Presidente per i due quarti (il suo e del segretario), con spunto anche verso Semenzato ormai sazio come lo ero io. Il “resentin” usuale mi fu riempito per un intero bicchiere, tocco di bicchieri d’amicizia, un primo e secondo sorso, cercai il vaso della pianta vicina alla scala, poi bevendone un ultimo goccio.

Questo è Dino De Poli, un trevigiano vero, con notevoli impegni politici e amministrativi (e sociali da ringraziare), ma che esulano da questi ricordi, con sani appuntamenti di “buffo” sia nella sala sopra al “Corder” con Paolo Lai e sia a Ca’ Tron dove ho operato per anni con il recupero di tanti immobili, anche con mia figlia Vanessa, nella grande azienda agricola di proprietà Cassamarca.

Sempre colà De Poli aveva residenza personale ( ho restaurato la villa padronale) e dove ha fatto rinascere l’agricoltura e pure il contado, provvedendo alle evidenti necessità dei residenti e del luogo sterminato ma meraviglioso, colle acque limpide di gamberi. Sul “sedese” dell’azienda ho restaurato un edificio dismesso perché ha voluto una biblioteca tecnicamente funzionale, a scomparti mobili, trovando nello storico Ivano Sartor un ottimo collaboratore, e pure ha attrezzato “casa 40”, acquistata dai Fiorani, per masters universitari poi ribattezzata “villa Annia” dopo l’interessante ritrovamento poco lontano di una prima traccia della storica strada romana.

Dino De Poli era primo nelle idee e avido di prime notizie, e conseguentemente primo con le sue iniziative, uniche, urbanistiche, culturali soprattutto trevisane.

Fuori dal suo operato di amministratore ma sempre dentro nel modo di vivere quotidiano, De Poli è stato nominato “Santo Mangiatore” presso l’osteria “Zanatta” a Varago di Maserada, ha ricevuto l’onorificenza di “san Liberio” dalla Còngrega per il recupero delle tradizioni, e pure ha preteso col recupero di “Casa dei Carraresi” di riaprire la vecchia osteria “Al Corder”, che io ho eseguito.

Avevo conosciuto e fotografato in “Treviso l’ultima” il prof. Luigi Chiereghin allora presidente della Cassa di Risparmio, ma senza dubbio Dino De Poli ha, per idee e fatti, migliorato di molto la città, in barba ai suoi detrattori del “mi no’ vao a cònbatar”. Per questa “nostra” Treviso bisogna combattere e Dino De Poli ha combattuto, aiutando tutte le parrocchie della Provincia, i trevisani di città e all’estero (Australia, Argentina, Brasile, ecc.), ha stampato libri e riviste, con l’appoggio di tanti studiosi. Ho un ricordo bellissimo di Dino De Poli, ma Treviso è una città a tre facce, e lo ha già dimenticato, quando scrivevano che gli sarebbe stata intestata la piazza dell’Università da lui creata.

Mi manca e mi mancherà l’amicizia professionale con Dino De Poli, la sua/mia trevigianità.

di Giorgio Fantin