DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO

Fatica a memorizzare le tabelline o difficoltà a recitare una poesia anche dopo ore di studio e malgrado l’aiuto e l’incoraggiamento di un adulto?
Lettura ad alta voce incerta o tendenza ad invertire le sillabe o a sbagliare le vocali nella scrittura?

Non è infrequente che un genitore, pochi mesi dopo l’inizio del nuovo anno scolastico, inizi ad accorgersi che qualcosa non va nel rendimento del proprio figlio. E si interroghi sul perché gli in-segnanti riferiscano di un impegno non sempre sufficiente o costante o addirittura di una certa tendenza a distrarsi o a disturbare in classe. Eppure il bambino, a casa, si dedica con grande dispendio di energie allo studio, tanto da uscirne stanco a fine pomeriggio. Iniziano poi, però, i primi tentativi di sottrarsi al rito dei compiti e si palesano le prime avvisaglie di sentimenti di preoccupazione, frustrazione e, talvolta, persino di rabbia.
È proprio quando allo sforzo e all’impegno non corrispondono i risultati o addirittura quando il bambino inizia a voler fare di tutto tranne che affrontare i compiti che è opportuno comprendere se la difficoltà sia di carattere emotivo, magari perché legata a momenti difficili riguardanti il contesto socio-famigliare in cui vive, oppure se si sia in presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento.
Cosa sono, allora, i disturbi specifici dell’apprendimento, riassunti nell’acronimo Dsa, e di cui sempre più diffusamente si sente parlare?
Si tratta di una difficoltà significativa che il bambino incontra quando deve imparare a leggere, scrivere o fare dei calcoli.
Tale difficoltà, per essere definita un vero disturbo specifico dell’apprendi-mento, deve avere caratteristiche ben precise, che richiedono un’approfondita valutazione diagnostica, fissata da specifica normativa e rilasciata da un’equipe accreditata composta da psicologi, neuropsichiatri infantili, logopedisti e pedagogisti. L’equipe valuterà se il disturbo specifico rientri nell’ambito della dislessia (difficoltà a leggere ad alta voce o a comporre un testo), della disortografia e disgrafia (problemi nell’acquisizione e nell’uso delle regole ortografiche e nell’esecuzione grafica), o della discalculia (difficoltà ad apprendere semplici meccanismi di conteggio).
In sostanza, questi disturbi si caratterizzano per la difficoltà a raggiungere l’automatismo nei processi base dell’apprendimento. Ossia la possibilità di poter svolgere un determinato compito senza dover continuamente controllare il meccanismo. Un po’ come quando l’adulto sta imparando a guidare l’automobile: all’inizio è costretto a verificare ogni singolo passaggio e movimento, poi, con la pratica, il meccanismo diventa automatico e può anche pensare ad altro mentre è alla guida. Al bambino solitamente accade la stessa cosa: tra il secondo e il terzo anno della scuola primaria smette di controllare ogni singolo passaggio, perché ha acquisito l’automatismo, ed è libero di utilizzare le proprie risorse per concentrarsi sui contenuti e sui ragionamenti più complessi che la scuola richiede.

Da questa premessa si comprende come il riconoscimento dei primi segnali sia fondamentale per una corretta diagnosi. Quanto più è precoce, e permette di escludere una difficoltà di natura prevalentemente emotiva, tanto più in fretta si può aiutare il bambino a trovare le strategie per affrontare le richieste scolastiche.
Queste verranno affrontate grazie all’utilizzo di strumenti compensativi (come le tavole pitagoriche, la calcolatrice per i calcoli più complessi, o la videoscrittura) e di metodi dispensativi, pensati per una valutazione ad hoc dell’alunno.
Pur non riuscendo a garantire il superamento della difficoltà cronica a raggiungere l’automatismo, l’insieme delle strategie e del supporto psicologico permetterà al bambino di diventare autonomo e, soprattutto, di sentirsi sicuro, capace di stare al passo degli altri compagni e di ottenere buoni risultati.
Va quindi posta grande attenzione ai risvolti emotivi in un bambino che presenta disturbi specifici dell’apprendimento: seppur intelligente, creativo e dinamico, avverte di fare fatica laddove tutti sembrano riuscire con facilità e di non avere soddisfazioni commisurate all’impegno profuso nello studio. Diventa quindi fondamentale integrare approcci riabilitativi con percorsi psicoterapeutici che gli permettono di applicarsi con soddisfazione, di prevenire ricadute e di sviluppare nel futuro sintomatologie depressive o ansiose.

di Michela Marchet
Psicologa psicorapeuta

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