A Treviso dal 25 marzo DANTE icona pop

Dalle collezioni Salce e Mazzocato con i testi di Gian Domenico Mazzocato

Il 25 marzo del 1300 (è opinione prevalente fra gli studiosi) Dante Alighieri iniziò il suo pellegrinaggio nel mondo ultraterreno. E il 25 marzo, dal 2020, si celebra il Dantedì.
Treviso, su un’idea della Società Dante Alighieri / comitato di Treviso, il 25 marzo (ore 17) ha inaugurato presso il Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso (S. Gaetano, via Carlo Alberto 31) una mostra molto particolare, Dante Icona Pop. I pezzi esposti vengono dalla collezione dei manifesti Salce e dalla collezione iconografica Mazzocato.
Una mostra che si potrebbe intitolare anche “la rivalsa di Dante”.
Perché la “fortuna” di Dante ha storia complessa.
Amato dai contemporanei e per tutto il Quattrocento. Ma nel 1525 Pietro Bembo lo condannò

La Olivetti usa Dante come testimonial della propria ammiraglia tra le macchine da scrivere. La firma è di un grande della cartellonistica pubblicitaria, il veneziano, poi trapiantato a San Zenone degli Ezzelini, Teodoro Wolf Ferrari, fratello e quasi coetaneo del musicista Ermanno (1912, collezione Salce)

all’oblio stabilendo la superiorità di Petrarca per la poesia e di Boccaccio per la prosa.
Scrisse il Bembo che il grande fiorentino parla “con rozze e disonorate voci”.
Il poeta che si esprimeva in modo “rozzo e disonorato” fu amato peraltro da due grandissimi come Michelangelo e Vico cui le sue colpe apparivano piuttosto dei meriti. Lo amò anche Foscolo che agli inizi dell’Ottocento sbozzò il mito del ghibellin fuggiasco.
“E tu prima, Firenze, udivi il carme / che allegrò l’ira al ghibellin fuggiasco”, disse nel carme Dei Sepolcri. Una strada aperta.
Durante il Risorgimento coloro che sognavano Roma capitale lo elessero a loro bandiera: Dante, l’anticlericale che aveva condannato alle pene infernali tutti i papi contemporanei accusandoli di simonia, cioè di commercio di cose sacre (Inf. XIX). L’intellettuale che giustificava e avallava, a distanza di secoli, la fine del potere temporale della Chiesa.
Ma fu solo nel 1870 che Francesco De Sanctis riconobbe l’altissimo valore letterario dell’opera di Dante e gli restituì la paternità rispetto alla nostra lingua e alla nostra letteratura. Il capitolo VII della sua Storia della letteratura italiana è la prima grande lettura della Commedia.
Scrive De Sanctis: “Dante è l’anima non solo come individuo, ma come essere collettivo, come società umana, o umanità”.
Insomma Dante, poeta dell’umanità intera e per ogni tempo.
Se Petrarca e Boccaccio mai avevano conosciuto eclisse, ora è Dante che si riappropria del suo primato. Irrompe nella pittura, nella scultura e nella musica. Diventa testimonial pubblicitario di mille prodotti diversi. La Commedia è tradotta in pellicola. Lui, la sua vita, le sue opere diventano cartoline (una vera e propria industria) e si traducono in valori filatelici in tutto il mondo. Poi fumetti, videogiochi, giochi di carte e giochi da tavolo.
Insomma, la rivincita del Sommo Poeta su chi lo aveva condannato ad un silenzio durato secoli.
La mostra propone pezzi assolutamente unici. La pubblicità della macchina da scrivere Olivetti e il cartellone per il film Dante nella vita e nei tempi suoi (citato in locandina come Dante nella vita dei

Una cartolina in cui il grande disegnatore Aurelio Bertiglia fa la parodia del celebre quadro di Henry Holiday (1883) in cui è raffigurato l’incontro fra Dante e Beatrice (1915 ca., collezione Mazzocato)

tempi suoi, col nome del soggettista Soldani e non del regista Gaido, 1922) girato per celebrare il sesto centenario della morte di Dante. Destinato ad un flop clamoroso a fronte delle enormi spese sostenute.
E poi l’olio Dante e un Dante incredibilmente a cranio aperto per una sedicente associazione di “simbologia psicografica” attiva alla fine dell’Ottocento.
Tra Ottocento e Novecento Dante divenne inesauribile risorsa pubblicitaria. Ha “sponsorizzato” di tutto.
Dalle scarpe (a Milano furoreggiò una linea di calzature a lui intitolata) alle automobili e alle macchine da scrivere, da un noto lassativo a sigari, liquori, sigarette, cioccolatini, prodotti per la toilette. Perfino una lametta Dante.
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Vittorio Gassman leggeva Dante negli spot di Carosello per Perugina.
E Giorgio Albertazzi lo faceva per Barilla.
Per la Magnesia San Pellegrino un Dante in versione inferno sconta il mal di pancia di una eccessiva libagione, attraversa il purgatorio dell’assunzione del lassativo, approda al paradiso di un ritrovato equilibrio, pronto ad una nuova abbuffata.
Per la milanese Truffet, produttrice di agitatori d’aria (cioè ventilatori) il grafico Vincenzo Ceccanti immagina che la tempesta infernale che trasporta Paolo e Francesca sia generata appunto da un possente ventilatore.
Dalla Collezione Mazzocato le figurine Liebig, le cartoline tratte dalla edizione della Divina Commedia del 1902 curata dalla Alinari e firmate dai maggiori artisti italiani, le cartoline edite dalla Sborgi di Firenze i cui disegnatori illustrarono, anche per il mercato estero, tutto il poema episodio per episodio.
Una serie di slide illustrerà i diversi aspetti di questo complesso e articolato rapporto col mondo moderno.

La mostra è curata da Elisabetta Pasqualin e i testi sono firmati da Gian Domenico Mazzocato.

Rimarrà aperta fino al 30 aprile e sarà visitabile tutti i venerdì, i sabato e le domeniche dalle 10 alle 18.

INFO 0422 591936 – 0422 423386;
drm-ven.collezionesalce@cultura.gov.it;
www.collezionesalce.beniculturali.it

di Giampaolo Zorzo