TURISMO ITALIANO O DEL LAVORO CHE MUORE

Quando i Miliardi non conferiscono resistenza all’industria.

Le cinque risposte di Elena Tonon operatrice turistica.

In Italia il comparto del Turismo Organizzato si sta sciogliendo sotto il maglio della pandemia e della trasformazione economica mondiale: nel 2019 fatturava 13,3 miliardi, nel 2020 circa 3 miliardi. Chiuderà il 2021 intorno ai 2,5 miliardi di ricavi, con una riduzione superiore all’80%: le destinazioni estere degli italiani sono crollate del 92%, i viaggi d’affari del 75%, gli eventi dell’80%.
Anche gli stranieri in arrivo sono dimezzati ed il turismo scolastico è praticamente azzerato.
La situazione è particolarmente grave per i professionisti del viaggio: tour operators e agenzie di viaggio chiedono sostegni immediati ed ingenti per mantenere in equilibrio 13mila imprese ed 86mila addetti.
Il PNRR stanzia 3,4 miliardi per il settore turismo e la Regione Veneto, dal canto suo, investe nella diversificazione e nell’innovazione dei prodotti turistici, nella rigenerazione qualitativa dell’offerta turistica, fino alla governance delle destinazioni turistiche, al turismo digitale, alla comunicazione e promozione dell’offerta turistica veneta, alla cooperazione transfrontaliera e ai progetti europei. Pur con le limitazioni dovute al particolare periodo sanitario emergenziale.
La Regione del Veneto prevede di continuare lungo il percorso di miglioramento della competitività dei prodotti tradizionali (balneare, città d’arte, lago, ecc.), di sviluppo di prodotti con buone possibilità di crescita sul mercato (ad esempio il cicloturismo).
Per l’anno 2021 ha messo a disposizione 3,9 milioni di euro per iniziative di promozione e valorizzazione del turismo Veneto e dei suoi prodotti turistici.

Di questa “miniera” italiana ne ragioniamo con Elena Tonon, giovane trevigiana, titolare dell’Agenzia Viaggi Iquitos.

Lo scenario presentato a Roma il 9 dicembre dalle associazioni di categoria – Fiavet, Confindustria, Confesercent, Aidit, FTO, Vipavi – è apocalittico. Qual è il piano B?
Dall’ inizio della pandemia abbiamo già ragionato su diversi piani di azione alternativi, siamo ben oltre il piano B.
Bisogna secondo me ragionare su due orizzonti: uno di breve termine e uno più lungimirante. Dobbiamo nel breve assolutamente ricevere una risposta concreta dalle istituzioni, non c’è manager o imprenditore che possa da solo riuscire a lavorare in questo momento in quanto gli elementi esogeni sono preponderanti rispetto a qualsiasi scelta imprenditoriale di successo. Nel lungo termine invece bisogna che le aziende del turismo, agenzie viaggi e tour operator, assumano una visione imprenditoriale che permetta loro di esser più preparati ad affrontare e rispondere ad una domanda che cambia repentinamente e a livello istituzionale invece cercare di liberalizzare la circolazione delle persone favorendo gli immunizzati e seguendo dei protocolli di sicurezza certi e chiari, comunicati con anticipo e possibilmente comuni tra le varie nazioni. Non possiamo pensare di essere all’ interno della comunità europea e che ogni stato, ad esempio, proceda per sé con moduli di localizzazione diversi, con tempistiche diverse di compilazioni, tamponi da effettuare in momenti diversi. Il nostro lavoro, da più bello del mondo, è diventato un’arida burocrazia da seguire.

Nel disastro del settore turistico, è più pesante l’effetto COVID o il fai da te del viaggiatore online?
Nessuna delle due. In ogni situazione non è mai il problema che va valutato, ma come ci siamo posti nei confronti del problema. L’effetto Covid è stato uno tsunami per tutto il settore ma il comportamento delle istituzioni, non solo per la gestione del supporto economico, ma ancor di più per la programmazione delle linee guida per poter dare certezze operative, è stato un disastro. Oltre al disastro dei mancati controlli, in particolare negli aeroporti. Esistono dei protocolli da seguire che nessuno controlla: noi impazziamo nel seguire i clienti per poi sentirci riferire che in aeroporto non è stato chiesto nulla o peggio che abbiamo fatto pagare loro tamponi non richiesti. Con il turista fai da te avevamo già imparato a gestirlo e conviverci da tempo, è un po’ lo specchio della realtà di oggi dove il web è un canale di vendita per qualsiasi prodotto e anche servizio.
Anzi paradossalmente oggi in agenzia entra anche qualcuno che prima prenotava autonomamente in internet perché è difficile muoversi tra le varie restrizioni, sta a noi conquistare la sua piena fiducia.

Quali sono i trend del settore tempo libero che possono reinterpretare l’industria turistica?
Già prima della pandemia il turista si stava allontanando dal concetto di turismo di massa per vivere delle esperienze più autentiche. Ora con la riscoperta di mete di prossimità, di mezzi di trasporto sostenibile come la bici, della ricerca di luoghi meno affollati ci stiamo dirigendo verso l’undertourism.
Direi quindi che gli elementi che andranno analizzati saranno proprio i nuovi desideri della domanda turistica alla quale rispondere con un’offerta adeguata per far vivere realmente una esperienza, direi quasi di vita, da poter poi raccontare. Sì da raccontare, perché al nuovo turista viaggiatore, piace e si sente riconosciuto nella società, quando può raccontare un luogo non conosciuto da altri.
E questo racconto spesso avviene attraverso i social, sarà quindi importante imparare a conoscerli e sfruttarli.

Cosa si sta facendo in Veneto e a Treviso in tal senso?
Per il Veneto il turismo è senza dubbio una quota della bilancia che riveste un peso notevole. E’ necessario innanzitutto investire in competitività ammodernando e innovando l’offerta turistica regionale. Abbiamo un’infinità di risorse ma ben poco valorizzate e comunicate al mercato. Occorre quindi riqualificare l’offerta ricettiva, nel senso più ampio del termine, non solo quindi delle strutture ricettive che si trovano in un borgo, nelle colline, in montagna, al lago o al mare ma parlo dell’accoglienza generale: spesso manca la segnaletica per raggiungere sentieri, un’ attrattiva o una ciclabile. Oppure vicino ad una ciclabile mancano punti per il noleggio di una bici. Mancano punti di ristoro o si trovano chiusi. Il turista straniero, ma l’italiano stesso, molte volte resta deluso. E’ assolutamente poi necessario creare una rete della filiera, formare in maniera adeguata gli addetti e stabilire una politica di comunicazione chiara e di rete relative alle risorse turistiche regionali e trevigiane.

Cosa farà Elena Tonon fra dodici mesi?
Direi più cosa mi auguro perché da Febbraio 2020 abbiamo già immaginato diversi scenari, smentiti poi nel giro di qualche mese.
Mi auguro che il mercato e la mia azienda si avvicini a risultati pre-covid grazie anche al nuovo brand CAMMINANDO che abbiamo creato per poter diffondere e rispondere appunto a quel viaggiatore che richiede un turismo di prossimità, sostenibile, ecologiche e di esperienze. Esperienze che sono anche quelle della socialità. In questi due anni di pandemia le persone hanno voglia di conoscere luoghi ma anche persone. Ogni volta che torniamo da un viaggio, da una gita, le persone ci ringraziano per i luoghi che abbiamo fatto scoprire loro ma anche per la convivialità vissuta.

di Sabrina Danieli Franceschini