Il libro di matematica più antico del mondo è trevigiano e ha 543 ANNI
C’è un primato tutto trevigiano che, diversamente dai primati sportivi, non potrà essere cancellato.
Si tratta dei natali dati al primo libro a stampa di aritmetica al mondo: Larte de labbaco famoso anche come l’Aritmetica di Treviso.
Sconosciuto è l’autore, e molti dubbi sussistono ancora sull’editore, ma ciò che è riconosciuto è la data di nascita: 10 dicembre 1478, ovvero quattro anni prima che andasse a stampa a Venezia il libro Elementi di Euclide, riconosciuto come la più importante opera matematica giuntaci dalla cultura greca antica.
Ma se l’opera euclidea si soffermava sulla geometria, l’opera trevigiana si dedica invece all’aritmetica e si inserisce in un filone di contaminazioni con la matematica araba che inizia a circolare in Europa in questo periodo. Le traduzioni dall’arabo di classici matematici antichi viaggiavano all’epoca parallelamente alla rinascita economica, che impose ai mercanti un uso sempre maggiore della matematica.
Ed è a questa finalità che volge il suo sguardo l’autore del nostro manuale. L’opera trevigiana si compone infatti di 123 pagine, scritte in volgare proprio per garantire la maggior diffusione possibile del libro tra i commercianti ai quali era destinato. Doveva infatti consegnare ai mercanti dell’epoca uno strumento che permettesse di far apprendere i principi base dell’aritmetica, necessari nel loro quotidiano lavoro. Lo spiega lo stesso autore quando scrive che il libro è destinato “a ciascheduno che vuole usare larte de la merchandantia chiamata volgarmente larte de labbacho”.
Al di là della data di nascita, questo libro è importante anche perché ci dà la misura dell’interesse a divulgare la conoscenza dell’aritmetica e delle nuove possibilità che si aprono anche alla cultura scientifica grazie all’introduzione della stampa a caratteri mobili.
Ciò che si legge tra le righe del manuale è il riflesso della cultura matematica del tempo e ci svela cosa serviva per risolvere i problemi che si presentavano nel lavoro quotidiano.
Adottando come sistema di numerazione quello arabo, l’autore spiega le cinque operazioni fondamentali della pratica aritmetica: “Cinque sono gli atti: li quali besogna sapere a chi vuol intendere la fine di questa prattica. zoe. Numerare. Iongere. Cavare. Moltiplicare. e Partire”
In sintesi “iongere” significava sommare ed era indicato con la parola “et”; “levare, cavare” indicava il sottrarre ed era indicato con la parola “de”; “moltiplicare” era indicato con la parola “fia”; “partire” stava per dividere ed era indicato con la parola “in”.
In altri termini non sono presenti i segni che noi oggi usiamo (+, -, x, 🙂 perché la loro introduzione avviene diversi anni dopo.
Per ogni operazione, l’autore non offre solo una spiegazione generica, ovvero una definizione dell’operazione, quanti numeri sono necessari per la sua esecuzione e le condizioni in cui si può fare, ma spiega anche la sua esecuzione pratica. L’intento, infatti, è quello di istruire il mercante, spiegandogli sistemi di “problem solving” in maniera semplice e immediata.
Il manuale, che ebbe probabilmente una sola edizione, ebbe fortuna anche fuori dall’Italia. Una delle rarissime copie rimaste fu infatti acquistata nel 1785 da un libraio londinese e da lì iniziò il suo pellegrinare in giro per il mondo. Alla fine dell’800 una copia risulta depositata nella biblioteca personale di Brayton Ives a New York, prima di essere acquistata dall’editore newyorchese George Arthur Plimpton e donata nel 1936 alla Columbia University che la conserva nella Manuscript Library.
Oggi, alla luce anche dei diversi studi che sono stati compiuti sul manoscritto, non vi sono dubbi sul fatto che si tratti di un’opera di grande valore. E’ un’opera nuova per le modalità in cui viene espressa, per l’appunto la stampa, ma allo stesso tempo è anche il punto d’arrivo della tradizione matematica pratica medievale che, perduta gran parte della matematica greca, aveva avuto in eredità dall’Impero romano solo nozioni matematiche legate all’agrimensura prima che il commercio imponesse nuove conoscenze, al passo con i tempi.
E Treviso dimostrò di arrivare prima di tutti.
di Antonella Stelitano